Troviamo per la prima volta citata la Chiesa Parrocchiale di Pisciotta, intitolata a San Pietro, in un libro delle Decime relative agli anni 1308 – 1310 “Ecclesia S. Petri Pisocti “.
Non si trattava probabilmente della chiesa attuale e comunque di dimensioni più piccole: l’edificio religioso di cui si parla si trovava un po’ più in basso, con facciata sul vicolo Praiano, dove ancor oggi se ne possono cogliere le sembianze, in particolare il rosone ed un arco a sesto acuto, tipici dell’arte trecentesca. Ad oggi non si può determinare con certezza la costruzione della “Chiesa Madre”, ma grazie a numerose visite pastorali avvenute nei secoli e a diversi documenti ritrovati, possiamo ricostruire le diverse trasformazioni che l’edificio sacro ha subito dal ‘500 in poi.
Nella fase in cui funse da Cattedrale, l’Ecclesia di Pisciotta si è arrogata fondi, diritti, attenzione e giuspatronati che l’hanno resa lo scrigno esclusivo di elementi artistici e devozionali che tuttora la impreziosiscono. Specchio fedele del Borgo su cui occhieggia, prepotente e silenziosa al contempo, sulla brillante marina, la Chiesa Madre narra le due fasi salienti della storia pisciottana: il 1500 e il 1700. Il tardo XVI secolo, periodo di fondazione (presumibilmente) della Chiesa-Cattedrale in esame, costituisce una pagina cruciale per la storia del nostro amato/amaro Sud: fu allora che numerosi baroni del Viceregno, nobili e blasonati – per riflesso di quel Rinascimento scoccato altrove – vissero l’arte, soprattutto sacra, come attestazione di fede e motivo di prestigio, donando e commissionando opere; fu allora che, sulla scia della Controriforma, l’architettura ecclesiastica conobbe norme nuove e severe, in cui spazi e distanze obbediscono al rapporto tra uomo e Dio.
La pianta della Chiesa Cattedrale di Pisciotta ha subito, nel tempo, modifiche e ampliamenti, sebbene alcune caratteristiche della struttura originaria siano tuttora evidenti. Preesistente, in realtà, è solo il percorso della navata centrale, con annessi presbiterio e abside, a cui – a singhiozzi tra ‘600 e ‘700 - furono aggiunti altari laterali e campanile.
Partendo dall’esterno, il corpo di fabbrica poggia sulla sommità della “serra”, avvallamento tra i due versanti del colle su cui si erge il borgo pisciottano, adagiandosi su un’area morfologicamente adatta a ospitare un ampio edificio. Osservandone il profilo e focalizzando gli elementi originari (tetto a spiovente, campanile in posizione laterale e indietreggiata e non piuttosto inglobato, rivestimento liscio e privo di laterizi o mattoni), ci ritornano alla mente modelli coevi non cilentani (Taviano, Gallipoli…). Il legame Pisciotta/Puglia salentina va individuato nel Casato Marchesale dei Pappacoda, acquisito nel paesino cilentano dal 1590.
Pur vantando natali partenopei, tali feudatari espansero i loro domini anche in Puglia: Giovanni Lorenzo Pappacoda, nel 1558 (poco lontano dall’apertura del cantiere della “nostra” Madre) fu titolato Marchese di Capurso. Probabile uno scambio di maestranze tra le due terre, giustificando con le ragioni dello scettro ciò che le oggettive distanze rendono poco fondato.
Valichiamo l’entrata centrale, collocata in posizione posteriore, non visibile dalla piazzetta antistante, e – scardinati i meccanismi di un solido portone ligneo, rinnovato negli Anni Cinquanta – ci immergiamo in un trionfo di leggerezza, preziosità….BELLEZZA!
Di fronte la navata maggiore, le cui misure (20 metri in lunghezza, oltre 7 metri in larghezza) stabiliscono, nell’ambito territoriale, un primato degno di menzione. Stando alla descrizione raccolta da Pietro Ebner nella Visita Pastorale del 1586, l’ingresso cinquecentesco va spostato oltre il primo arcone a destra, quindi di quasi quattro metri, ma ciò non toglie fascino e respiro a questa inedita ansia di spazio che l’Ecclesia Mater trasuda.
A valorizzare ulteriormente la struttura fu Monsignor Luigi Pappacoda, Vescovo della Diocesi di Capaccio nella prima metà del ‘600. Costui, legato da un amore esemplare alla sua Pisciotta, volle spostare ivi, tra il 1635 e il 1639, la Sede Episcopale di Capaccio, portandovi anche gli uffici. Fu allora che la recente Parrocchiale subì ulteriori migliorie, limitate più a importi di culto che non a una sistemazione architettonica vera e propria.
Compiendo un salto cronologico al XVIII secolo, più precisamente al 1721, assistiamo ad ulteriori trasformazioni interne, come l’innesto del Fonte Battesimale a sinistra.
Ma è l’ultimo quarto del Secolo a dare linfa notevole alla Chiesa: nell’anno 1775 Gian Camillo Mandina e Francesco Lanzalone, governatore e cassiere della Congregazione del Monte dei Morti, sentiti i confratelli, cedono una casa di proprietà di essa, posta sotto la chiesa, “per la necessità della rifazione della Chiesa Matrice di detta terra”.
È l’input evidente di un riassetto decisivo dell’edificio, sospinto da una fioritura pisciottana senza precedenti. Da una Pisciotta “feudale”, signorile, si passa a una concentrazione di ricchi borghesi o rappresentanti di una piccola nobiltà di notabili e professionisti: Pinto, Saulle, Mandina, Francia, Ciaccio….oltre ad edificare a Pisciotta, lungo il Centro Storico, palazzi dal sapore vanvitelliano, investono immani somme sulla Chiesa Parrocchiale. Finalmente è possibile completare il bilanciato, ma vivace, gioco di pieni e vuoti, archi e volte su cui la Chiesa Madre sostiene la sua magnificenza.
Ecco, quindi, in un’aura di stucchi bianchi e gialli, che prende sostanza un tempio cristiano dal ritmo quaternario: quattro arcate lungo la navata, quattro aperture nei percorsi laterali, di cui tre occupati da altari gentilizi, quattro finestroni corrono sulle cornici di imposta e quattro dipinti colmano le volte. Tutto è cadenzato con una rasserenante aderenza alla regola! Su cui spiccano, tuttavia, note di eccezionalità tipiche di un’opera provinciale rimaneggiata negli anni: la cantoria che sormonta il portone, oggi occupata dalle canne dell’organo, nascerebbe come matroneo; l’abside, curva e sinuosa, appare poligonale all’esterno; sagrestia a destra e campanile a sinistra interrompono asimmetricamente la sequenza degli altari.
Partendo dalla restaurata Cappella dei Santi Vincenzo Ferreri e De Paoli, si sviluppa una piccola ma significativa esposizione museale dedicata al vescovo Mons. Luigi Pappacoda, con informazioni bibliografiche dettagliate; dopo aver guidato la Diocesi di Capaccio, con designazione di Pisciotta a sede de facto, proseguì il suo ministero episcopale a Lecce dal 1639 alla morte (1670). Fu lui a rendere la ridente città pugliese culla di una vivacità architettonica dagli esiti impareggiabili. Fu Pappacoda a promuovere l’apertura dei principali cantieri del Duomo e degli annessi palazzi e sempre lui a fungere da mecenate per artisti del calibro di un Giuseppe Zimbalo.
Il corridoio che immette negli stanzoni del piano sottostante, un tempo adibiti a spazi ricreativi per l’Azione Cattolica sotto l’egida del parroco Antonino Cammarata, diviene oggi – grazie agli slanci altruistici di alcuni volontari della Pro Loco “A.Pinto” Pisciotta – uno splendido itinerario museale, in grado di spingersi aldilà della mera esposizione. In pochi metri, valorizzati dalla volta in pietra viva, si distende un vero e proprio cannocchiale che illumina la religio Pixunti. Vi si alternano statue e dipinti appartenenti alla Parrocchiale e al Convento francescano, tutte ascritte a Pisciotta e qui chiamate a revocare la continuità spirituale del Borgo.
(font. Gianluca Veneroso; “Pisciotta e la sua chiesa madre”)
Ad oggi si celebra la Santa Messa feriale e festiva.
Il 14 dicembre e il 10 agosto si festeggia il patrono di Pisciotta Sant’Agnello Abate.
La chiesa e il suo museo rientrano nel progetto “rete dei musei del Gal Casacastra – Pisciotta itinerario borgo medievale” a cura della Pro Loco “Alessandro Pinto” Pisciotta APS.